domenica 25 ottobre 2015
Massimino Ravizza un omaggio alla coerenza.
Oggi vi voglio parlare di questo Signore; Massimino Ravizza di 92 anni al quale ho dedicato il mio Quadro-File e il Video in HD Quality dipinto a mano libera che segue in fondo all'articolo.
Vi allego una sua intervista, recente fattagli da: Enrico Alberti qui nelle vesti di giornalista ma anche , Ass.Cultura Comune di Pavarolo, Dirigente Pubblico nel settore Informatico, Fotografo e Scrittore.
Sono andato a trovare Massimino Ravizza (classe 1923) a fine gennaio per parlare più che altro del suo rapporto con Felice Casorati.
Pensavo di trovare una persona anziana e un po’ affaticata.
Mi sono invece imbattuto nell’entusiasmo di un ventenne e nel racconto di una vita che è un serbatoio infinito di testimonianze storiche.
Mi sono trovato in un attimo pieni di appunti, cercando di contenere il suo travolgente racconto che si diramava in mille storie.
Mi rendo ora conto che non basta certo questo breve articolo per raccontare la sua vita così ricca e avventurosa, come abbastanza frequente nella generazioni vissuta fra le due guerre.
Mi auguro di non riportare troppe imprecisioni e, nel caso, me ne scuso.
Massimino, come è stata la sua infanzia a Torino?
Eravamo molto poveri. Nel ’26 quando avevo appena tre anni mio papà morì.
Poveretto, era stato mandato in guerra anche se era rivedibile per i suoi problemi al cuore.
E’ tornato distrutto.
Aveva passato giorni sotto i morti per non farsi trovare e ritornò stremato. Poi io e mia mamma siamo andati a vivere in una soffitta in Via della Rocca.
Oggi è una via molto esclusiva. Non era così allora? Eh sì sembra strano, ma una volta i poveri come noi abitavano le soffitte e i nobili stavano nei piani bassi.
Era un mondo diverso, il Conte Biscaretti di Ruffia diventò quasi un mio padre putativo e mi aiuterà per essere esentato dalla guerra grazie ad una leggera forma di poliomielite che presi a Caglianetto. Nello stesso palazzo di via della Rocca 22 vivevano la contessa Covone e la contessa Radicati. Io e mia mamma, che è vissuta fino a 90 anni, vivevamo in ambiente malsano, una soffitta piena di cimici. Il bagno sul balcone era per 30 persone.
I nobili ci davano qualcosa da mangiare, una bistecca a settimana. Erano severi e ci vietavano di giocare in cortile se non per qualche ora.
Come vive il Massimino adolescente questo borgo ? Divento un ragazzo del borgo. Fred Buscagliene era il boss della zona, era fascista mentre io ero comunista.
Era un gran bullo e faceva il filo a tutte le ragazze. Lui e i suoi frequentano il bar Vittoria in via Mazzini angolo via Accademia Albertina che era quello dei ragazzi.
Sull’angolo opposto (dove ora c’è la pizzeria Spaccanapoli) c’era invece il bar Accademia dove andavano i borghesi.
Poco più su in via Mazzini all’angolo con via San Francesco da Paola abitava il nostro Nino Aimone. Aveva undici anni meno di me, sua mamma era sarda e il papà andava sempre a bere in una piola che si chiamava Da Bertu.
Anch’egli era un grande antifascista che prendeva a male parole le camice nere quando passavano. Purtroppo è morto giovane.
E il lavoro ? Io facevo mille cose , come è poi stato in tutta la mia vita.
Lavoravo alla Savigliano e intanto anche alla FERT Cinema dove aiutavo a “tirare i fili” a quelli che giravano i film.
Grazie a questo mondo e a dove abitavo un giorno do una mano sul set dove Mario Soldati girava Piccolo Mondo Antico. Girano una scena che si svolge in parte nel cortile di casa Casorati dove c’era una tipografia.
E’ lì che conosco Casorati.
Ma tutto questo scompare di colpo perché arriva la guerra.
E cosa ne è di questo mondo con lo scoppio della seconda guerra mondiale?
Sfolliamo tutti. Tutte le case di via della Rocca vengono bombardate e poi bruciate. Sono inabitabili senza tetti.
Io e mia mamma sfolliamo ad Acqui dove lei era nata in provincia di Alessandria.
Io avevo il congedo ma quando arriva la Repubblica di Salò non vale più.
Vengo beccato, scappo, vivo alla macchia. Nel frattempo lavoro all’ospedale di Genova e ricordo quella volta che mi mandarono a Torino a comprare dei ferri e mi sono trovato nei guai durante il coprifuoco….
E quando la guerra finisce? Il 19 marzo del ’45, e cioè prima della liberazione, mi si sposo con Anna con cui ho vissuto 55 ani di matrimonio e avuto 2 figli (Teresa del ‘47 e Jury del ’63).
Andiamo a vivere con mia mamma di nuovo nella soffitta di via della Rocca perché nel frattempo tutte le case della zona erano state risistemate.
Anna va a fare la domestica da Casorati e anch’io do una mano per dei lavoretti.
Così diventiamo di casa. Il mio lavoro principale è quello di protezionista-elettricista teatrale, ma comincio a fare un po’ da factotum a Casorati.
Eccoci giunti al tema che come Pavarolesi ci interessa di più.
Com’era Casorati?
Felice Casorati era una persona introversa e chiusa.
Quando lavorava era molto scontroso.
Era molto educato tranne quando si trovava al cospetto di borghesi un po’ snob: lì si divertiva a dire parolacce e farne di tutti i colori.
Ma a Pavarolo, dove è stato anche il primo Sindaco dopo la liberazione, che rapporto aveva con la popolazione?
Casorati aveva grandi idee ma c’era troppa ignoranza allora e nessuno lo capiva.
Era gentile con tutti ma un po’ lontano.
Da gran signore quale era pagava sempre il doppio i contadini e gli artigiani che lavoravano per lui. Amava le persone che lavoravano.
E’ vero che la casa di via maestra era sempre piena di gente e di allievi?
Si, molti allievi come Aimone.
Era una casa di donne.
La sorella Elvira detta Sesta figlia di primo letto del papà che era morto suicida perché degradato come ufficiale.
E poi c’era la moglie Daphne che Felice teneva “a bacchetta”, ma erano altri tempi!
Era un mondo di donne e infatti quando mia moglie aspettava Jury, Casorati mi disse: “se è maschio faremo una grande festa”.
Peccato che è morto proprio mentre Jury stava nascendo.
La casa di Pavarolo era abitata d’estate. Partivano con i cavalli di Ghitti da via Mazzini e poi, negli anni con camioncini.
Negli anni ’50 ci fu una grande rapina, rubarono tanti quadri fra cui dei Bonfantino che furono poi ritrovati in certe gallerie d’arte con le firma falsa di Casorati.
Mi ricordo in quell’occasione che Felice non era dispiaciuto per i suoi quadri, ma era disperato che avessero portato via quelli dei suoi allievi.
Lei è spesso indicato come l’autista di Casorati. E’ vero?
Nel ‘61 ho preso la licenza da taxista, usavo spesso la Giulietta di Casorati perché lui guidava male e ogni tanto finiva nei prati.
Poi Felice fu colpito dal morbo di Buerger e gli tagliarono una gamba.
Ha sofferto tanto.
Negli ultimi giorni della sua vita,era il ’63, gli avevano tolto coltelli e oggetti pericolosi perché avevano paura che si ammazzasse.
E’ morto di ictus nella sua casa di via Mazzini.
E poi per molti anni ho continuato a dare una mano a Daphne.
Grazie Massimino per averci offerto tante emozioni. Che vita ricca! Complimenti e avanti così fino ai cent’anni, mi raccomando!
Enrico Aliberti
Grazie ad Enrico per avere colto questa testimonianza molto importante che copre vasta parte del 900.
Per un periodo della mia vita, di 2/3 anni, in coincidenza della nascita del mio secondo figlio Lorenzo, ho abitato a Pavarolo a 20 metri dalla casa di Felice Casorati.
In quel periodo ancora dipingevo ad Olio, e devo dire che Pavarolo, è un'ottimo posto per ispirarsi tra le Colline alle spalle di Torino.
La Storia di Massimino, mi è stata fatta conoscere, da un mio Amico Enrico Mario Lazzarin, che mi ha parlato di Massimino, cosi ho chiesto se era possibile avere una sua foto, poi ispirato da tutto questo racconto, che i due Enrico mi hanno riportato uno a voce e l'altro a parole, ho dipinto il Quadro-File e un Video inserendo Massimino tra la Guerra e la Pittura , spero vi piaccia, cercate di guardarlo da un PC con grande schermo oppure meglio da un Televisore collegato alla rete.
Alzate la Musica perché la mia Arte Suona, e se vi piace condividete la storia di Massimino.
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- il Quadro Liquido, permette la sussistenza #immateriale, di oggetti pittorici. Due opportunità A). Ho ideato il “break culturale”. Permettendo la - portabilità - del Quadro Liquido, in ambiti congressuali o all’interno di trasmissioni televisive: talk show. Come una sorta di intervallo d’arte, tra i vari interventi degli oratori, senza fare alzare chi assiste all’evento. B) Portabilità su architetture storiche. Per superare la questione dell’imbratto, sulle superfici storiche, il Quadro Liquido, offre una soluzione tecnologica, d’arte multimediale, nel rispetto del muro storico. Rendendo utilizzabili, questi vasti spazi architettonici. Rivisitandone il senso estetico, con una pittura fatta di luce. La somma dei due fattori, muro storico ospitante e Quadro Liquido illuminante, porta evidentemente una nuova sintesi visiva, caratterizzata in modalità univoca dal sito specifico, dove la performance stessa è praticata. Questo comporta, la possibilità di contemplare, una commistione tra stili diversi. Si può definire come: un modo per attualizzare l’architettura storica alla luce di un’arte contemporanea, come un’attività capace di far scaturire un diverso senso estetico.
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